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L'agricoltura è al contempo vittima e corresponsabile dei cambiamenti climatici. Attualmente il settore primario produce il 16 % delle emissioni di gas serra dell'intero Paese, ma con un aumento dell'efficienza e un adattamento del proprio portafoglio di produzione può dare un contributo importante alla protezione del clima.


Agroscope calcola ogni anno le emissioni di gas serra provenienti dalla produzione agricola e dal 1990 registra queste serie temporali nell'Inventario nazionale dei gas serra. I calcoli seguono le prescrizioni metodiche del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC). Lungo la catena di produzione vi sono vari processi che generano emissioni di gas serra, in particolare nella produzione animale e vegetale, nell'utilizzo dei terreni e del suolo nonché nell'impiego di carburanti e combustibili fossili per macchine agricole ed edifici di economia rurale.

I tre principali gas serra, ovvero biossido di carbonio (CO2), protossido di azoto (N2O) e metano (CH4), hanno ciascuno un effetto serra e una durata di permanenza nell’atmosfera diversi (cfr. box «Gas serra di breve durata: il metano»). Se da un lato le emissioni di CO2 di origine fossile dell'agricoltura, con appena il 2 %, non sono elevate nel contesto dell'intero Paese, dall'altro il settore primario è la principale fonte di emissioni di metano e di protossido di azoto, con quote rispettivamente dell'83 % e del 57 %. Nel contesto agricolo, le emissioni di metano (59 %) e di protossido di azoto (22 %) sono anche le principali fonti di gas serra. Le emissioni di CO2 rappresentano il 18 % del totale delle emissioni da ascrivere all'agricoltura.

La durata di vita media del protossido di azoto (N2O) nell'atmosfera è di circa 121 anni, quella del biossido di carbonio (CO2) di circa 100 anni, anche se il 20-40 % del CO2 proveniente da fonti fossili può permanere nell'atmosfera diverse migliaia di anni. Il metano (CH4), invece, ha una durata di vita media nell’atmosfera di circa 12 anni. Pertanto l’impatto climatico del metano diminuisce rapidamente, se confrontato con quello del CO2 decisamente più forte, attestandosi a livelli bassi già dopo 20 anni. Se le emissioni di metano o di altre sostanze di breve durata rimangono costanti sul lungo periodo, causano solo un esiguo riscaldamento supplementare. Per il CO2 e gli altri gas serra di lunga durata, invece, emissioni costanti sono sinonimo di un continuo aumento della temperatura.

Questa differenza non è contemplata nella Relazione internazionale sulle questioni climatiche dei singoli Paesi e quindi nemmeno nel calcolo degli inventari nazionali dei gas serra. Conformemente alle prescrizioni determinanti per la stesura della Relazione internazionale sulle questioni climatiche, l’effetto climatico dei gas serra è convertito mediante il suo potenziale di riscaldamento globale nell’arco di 100 anni (GWP100) in cosiddetti CO2-equivalente. A causa di questa conversione si sottostima fortemente l’effetto climatico sul corto periodo delle sostanze di breve durata, come ad esempio il metano, mentre si sovrastima quello sul lungo periodo. Un metodo alternativo (GWP*) considera le sostanze di breve durata in maniera più realistica nella conversione in CO2-equivalente. Tuttavia il metodo GWP100 resta il parametro concordato per la Relazione nell'ambito dell'Accordo di Parigi sul clima (UNFCCC 2018), come era stato il caso già nel quadro del Protocollo di Kyoto (UNFCCC 1997). Per motivi di coerenza con la Relazione sulle questioni climatiche, le cifre nella strategia «Strategia climatica per l’agricoltura e l’alimentazione 2050» si riferiscono pertanto alla conversione in CO2-equivalente con il metodo GWP100.

Nei modelli climatici questa differenza tra sostanze di lunga e di breve durata è invece presa in considerazione. La riduzione delle emissioni di metano globali è un mezzo indispensabile e molto efficace a breve termine per limitare il riscaldamento globale a un massimo di 1,5-2 gradi, poiché un abbattimento delle emissioni di metano può contrastare i cambiamenti climatici a breve termine in modo decisamente maggiore rispetto a quanto emerge dagli inventari dei gas serra. Solo riducendo notevolmente tali emissioni si ha ancora un'opportunità di conseguire in tempo utile la neutralità climatica. In caso contrario, l’obiettivo di un riscaldamento globale di al massimo 1,5-2 gradi non è più raggiungibile. Pertanto, in occasione della COP26 a Glasgow è stato lanciato il «Global Methane Pledge» con l’obiettivo di ridurre del 30 per cento le emissioni globali di metano entro il 2030 rispetto al 2020. Nel frattempo vi hanno aderito circa 150 Paesi, tra cui anche la Svizzera.

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Figura 1: Evoluzione delle emissioni di gas serra dal 1990 al 2021 (in mio. t di CO2-equivalente)


Nel 2021 le emissioni totali di gas serra dell'agricoltura svizzera erano pari a 7,15 milioni di tonnellate di CO2-equivalente, di cui la stragrande maggioranza continua a essere causata dal processo di digestione degli animali da reddito, in particolare dei bovini, che sono responsabili di 3,63 milioni di tonnellate di CO2-equivalente, vale a dire circa la metà delle emissioni totali. La concimazione azotata è all'origine di 1,26 milioni di tonnellate di CO2-equivalente (ca. 18 % delle emissioni totali). Anche lo stoccaggio di concimi aziendali contribuisce notevolmente alle emissioni con le sue 0,96 milioni di tonnellate di CO2-equivalente (ca. 13 %). Il bilancio dei gas serra dell'utilizzo dei terreni (0,67 mio. t CO2-equivalente, ca. 9 %) e dell'utilizzo di energia per le macchine agricole e gli edifici di economia rurale è inferiore (0,59 mio. t CO2-equivalente, ca. 8 %). In confronto, le emissioni dovute alla concimazione con concime calcareo e urea (0,05 mio. t CO2-equivalente, meno dell'1 %) sono relativamente insignificanti.

Alla produzione agricola sono associate anche le cosiddette emissioni pre-chain. Queste emissioni provocate all'estero durante la fabbricazione di alimenti importati, in particolare foraggi e concimi minerali, nel 2021 si sono attestate a quota 0,9 milioni di tonnellate di CO2-equivalente. Secondo il principio di territorialità, vengono attribuite ai Paesi di origine e non vengono indicate nell'Inventario svizzero dei gas serra. Dal 2007 le emissioni pre-chain sono aumentate del 21 %, in particolare per via dell'incremento delle importazioni di foraggio.

Nell’orizzonte temporale 2050, coerentemente con le strategie del Consiglio federale nell’ambito del clima, nella Strategia climatica per l'agricoltura e l'alimentazione (cfr. articolo sulla strategia climatica), per il sistema alimentare la Svizzera persegue gli obiettivi seguenti:

  • (1) La produzione agricola indigena avviene in modo adeguato al clima e al luogo. Contribuisce nella misura di almeno il 50 % al fabbisogno alimentare della popolazione svizzera tenendo conto del potenziale di produzione del luogo nonché della sopportabilità degli ecosistemi.


  • (2a) La popolazione svizzera si nutre in modo sano ed equilibrato nonché rispettoso dell'ambiente e delle risorse. L'alimentazione è conforme alle raccomandazioni della piramide alimentare svizzera e l'impronta di gas serra pro capite dell'alimentazione si riduce di almeno due terzi rispetto al 2020.


  • (2b) L’agricoltura svizzera è rispettosa del clima. Le emissioni di gas serra della produzione agricola all'interno del Paese si riducono almeno del 40 % rispetto al 1990. Le restanti emissioni sono compensate nella misura del possibile.


Si tratta di tre obiettivi strettamente collegati tra loro nell'ottica della riduzione delle emissioni dell'agricoltura. Le emissioni di gas serra della produzione agricola in Svizzera (escluse le emissioni pre-chain) sono diminuite del 12 % circa dal 1990, vale a dire dello 0,4 % all'anno. Per raggiungere una riduzione del 40 % entro il 2050, sarebbe necessario ridurre ogni anno quasi dell'1 % le emissioni di gas serra. Per quanto riguarda il raggiungimento dell'obiettivo intermedio di una riduzione del 20 % entro il 2030, le emissioni di gas serra dovrebbero diminuire annualmente di circa 76 000 tonnellate di CO2-equivalente. Per raggiungere questo obiettivo sono necessari ulteriori sforzi. In questo contesto, i provvedimenti della strategia climatica contribuiscono in maniera significativa. Insieme a questi provvedimenti verranno sfruttate meglio anche altre possibilità a livello aziendale. A tal fine gli strumenti per l’allestimento di un bilancio possono rappresentare un aiuto importante.

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